L’antropocene paesaggistico d’Europa

Muovendosi a cavallo tra storia naturale e ambientale, ma con l’ambizione di integrare questi due approcci pur nelle relative, irriducibili specificità, la storia ecologica, ricompone le tracce delle fisionomie e dei processi di trasformazione dei paesaggi – comprese quelle impresse nei secoli dall’impronta dell’uomo – attraverso una pluralità di dimensioni spaziali e scale temporali.

Dai tempi geologici, lunghi o lunghissimi della tettonica alle variazioni dei cicli glaciali e interglaciali, fino a quelli più rapidi, biologici ed ecologici. Con un’attenzione in particolare alle interdipendenze tra diversi sistemi ambientali.

Difficile dunque il tentativo di catturare tali protagonismi in divenire, fluidi e che si configurano diversamente a seconda degli sguardi disciplinari con i quali li si intende. Tantopiù se si ritaglia come soggetto, seppur convenzionale, un continente.

Ed è quanto Emilio Padoa-Schioppa si propone nel suo La Storia ecologica d’Europa. Un continente nell’Antropocene, dove disarticola e riordina per ripercorrerle in caleidoscopio il contrappunto di visuali d’insieme e peculiarità che la compongono (Il Mulino, pp. 230, € 22,00).

Volta a volta leggibili in dimensione geografica, o in quella politica di insediamenti, ordinamenti e Stati, nella lettura geologica della divisione in placche, in quella delle carte bioclimatiche, e altrimenti nelle proiezioni di lingue, usi, culture. Da seguire fin anche nei segni tracciati in proiezione su altri continenti, fuor dall’Europa, con espansioni, invasioni di suoi popoli, morali, interessi. Ciascuna con cartografie di forme diverse e dai confini spesso sfocati (specialmente quelli orientali e meridionali), per un’Europa di cui raccontare la storia ecologica attraverso contesti e protagonisti. E quindi montagne, acque, foreste, isole, pianure, da un lato e gli organismi – come piante, animali e, buon ultimi, gli uomini – per il loro ruolo nel costruire e modificare i paesaggi, concorrendo alle dinamiche dei luoghi.

Ferrovia del Moncenisio, «Fell», piana San Nicolao

Mentre si sofferma su alcune peculiarità della storia naturale europea – in termini di specie, endemismi, eventi specifici, paesaggi particolari – poste in relazione alla scansione di grandi snodi correlati – estinzioni dei grandi mammiferi, avvento di agricoltura e domesticazione, globalizzazione economica e omogeneizzazione ecologica con l’apertura al nuovo mondo, accelerazioni, almeno quelle della rivoluzione industriale e del XX secolo – Padoa-Schioppa si concentra in particolare sul tempo recente degli ultimi 10.000 anni, quindi sull’interrelazione stretta tra fattori naturali e agire dell’uomo. Testimoniando nella sua analisi, come, con tutte le evoluzioni di significato del primo termine e la pluralità di accezioni del secondo, l’ecologia del paesaggio proceda nel suo trasformarsi da scienza descrittiva in direzione e dimensione quantitativa e predittiva.

In un intersecarsi di variabili e approcci, dall’influenza del clima nell’indirizzar paesaggi, faune e flore, all’impronta umana legata a una agricoltura che modifica habitat e suoli, altera cicli biogeochimici, modellando società, si trascorre alla zoogeomorfologia che studia i modi in cui gli animali posson cambiare i paesaggi, nonché al ruolo che nell’immaginario collettivo essi svolgono per come contribuiscono a dargli forma, e all’”inquietudine migratoria” che caratterizza noi umani, con i suoi derivati, l’iperurbanizzazione e le nuove sfide ecologiche connesse, i paesaggi dell’energia così dirimenti in questa fase di transizione.

E se si evidenzia così da un lato come in buona misura è a partire dalle grandi, più recenti trasformazioni, avvenute proprio in Europa, che ci stiamo inoltrando nell’Antropocene, la buona nuova e che, essendo perlopiù umana la responsabilità della crisi ambientale dovrebbe esser possibile se non invertir direzione, almeno variare, e, talvolta, astenersi.

Emilio Padoa-Schioppa, La Storia ecologica d’Europa. Un continente nell’Antropocene, Il Mulino, pp. 230, € 22,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIV, 5, Supplemento de Il Manifesto del 4 febbraio 2024

Caspar Wolf, Lauteraar, 1776