Per una biopolitica affermativa del giardino

Fin nel linguaggio metaforico e figurato si segnala l’affermarsi in diversi ambiti della riflessione critica di una nuova centralità del tema della vita, con l’allargarsi del riconoscimento dello statuto di soggetti anche a entità non umane – animali, fiumi, territori, suolo. Il tema della relazione tra vita, spazio e potere torna così, oltre il registro organicistico, anche nel disegno della città e del territorio. La spazialità intrinseca della vita, che spesso resta sottintesa, ritrova il profilo di una soggettività attiva, dove lo spazio non è più tanto merce, risorsa da utilizzare ma, appunto, capitale collettivo, soggetto agente.

Tra le premesse di questo processo sta la potente lettura foucaultiana di uno spazio dove l’articolarsi della vita biologica si dispiega e ricombina in strategie e relazioni di potere, spazio di corpi che assieme gli danno forma e ne sono condizionati.

Pur segnalando il rischio di un uso inflazionato del concetto di biopolitica, e allargando i temi foucaultiani – disciplina, sicurezza e governamentalità – all’ecologia profonda e all’emancipazione del soggetto, quindi alla possibilità di una politica della vita volta a sé, una biopolitica affermativa, Paola Viganò, docente di Teoria e progettazione urbana a Losanna e allo Iuav di Venezia, ma anche progettista e realizzatrice di molti interventi di trasformazione, anche a scala territoriale, riprende questo strumentario nel suo ultimo libro Il giardino biopolitico. Spazi, vite e transizione, Donzelli, pp. 280, € 35,00. Tra analisi critica e dimensione progettuale, continua qui la sua riflessione sul ruolo abilitante dello spazio – dispositivo di liberazione del potenziale per ciascuno di emancipare sé stesso e “strumento essenziale di redistribuzione: di opportunità, giustizia, orizzontalità” –, nonché il ripensamento e la messa a verifica del progetto di città e territorio come tema biopolitico. Entro il più ampio orizzonte di un complessivo sistema di relazioni tra entità, si tratta perciò di un territorio allargato ad agenti umani e non umani. E però, lui stesso, un territorio-soggetto con una sua qual certa autonomia, di cui in premessa Viganò sostiene occorra assumere le ragioni perché possa avviarsi una vera transizione ecologica, sociale ed economica.

Ripercorrendo temi progettuali e metafore di una loro possibile lettura biopolitica e analizzandone lasciti e permanenze, vengono ripercorsi tre fondamentali tipi di spazio innovativi del Novecento: lo spazio funzione (utilitarista, normativo, dell’ordine e standardizzazione), lo spazio natura (organico, discontinuo, delle città giardino e delle forest towns), lo spazio sociale (dominato dall’idea di struttura, flessibilità, modularità, partecipazione). Con corredo di relative idee ed estetiche. Mentre, per converso, l’impianto teorico del volume viene misurato sui temi che emergono dalla negoziazione e dalla pratica di progetto degli specifici interventi presentati nella terza parte del volume: dal consumo e rigenerazione di suolo, anche di quello urbano, alla metropoli orizzontale, dall’idea di paesaggio come infrastruttura alla metodologia del procedere per prototipi della transizione, dall’ingiustizia spaziale e sociale al dispositivo narrativo e progettuale dell’utopia.

Così, mentre a cornice delle possibili ragioni dello spazio moderno, si sollecita un (per quanto prototipale e utopico) “allargamento dell’immaginario economico” e una complessiva revisione di paradigmi produttivi e aggregazioni politiche alternative, nonché l’urgenza di saldare le riflessioni urbanistico-architettonica con quelle sul paesaggio e la sua ecologia, il giardino biopolitico, nella sua accezione propositiva, si prospetta luogo ideale e assemblaggio in simultanea di modelli e spazi reali, opportunità di interazione e ridefinizione delle relazioni tra umani e non umani, misura di coesistenza, sociale e assieme ecologica, ipotesi di una biopolitica affermativa.

Paola Viganò, Il giardino biopolitico. Spazi, vite e transizione, Donzelli, pp. 280, € 35,00 , recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 45, Supplemento de Il Manifesto del 26 novembre 2023