Dar voce alle pietre

In un contesto di piena crisi ecologica, dominato ormai da preoccupazioni, ansie climatiche, sensi di colpa ambientali, nostalgie per ecosistemi a rischio o già scomparsi, si afferma seppur per barlumi la consapevolezza di dover ripensare forme e categorie interpretative dei modi in cui condividiamo il pianeta con molti soggetti non-umani, altre specie di viventi, ma anche entità litiche, acquatiche, atmosferiche.

Riprendendo il titolo di un breve testo dove Italo Calvino dà voce a una roccia che in soggettiva restituisce il suo punto di vista sul mondo, Federico Luisetti, nel solco degli studi post umanistici, proprio a partire dalla soggettività litica prende in conto il campo relazionale dove gli esseri umani si definiscono attraverso il loro rapporto con il mondo non umano. Una ecologia della vita che mette in crisi la distinzione tra quella organica e l’esistenza inorganica (Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale, Wetlands, pp. 112, € 16, 00).

Una visione della natura dove presenze naturali come montagne, fiumi e foreste vengono sussunte nel concetto antropologico degli esseri-terra. Soggetti politicamente rilevanti, con capacità di agire, esistenze multiple dai tratti compositi, risultanti della sfera naturale come pure catalizzatori di mitografie e rituali, simbolici e politici, entità non umane da considerare – assieme alla natura composta degli altri esseri viventi, animali, piante, funghi – soggetti ecopolitici. Montagne e ghiacciai, parte del mondo abiotico, ma anche corpi geologici, massi erratici, concrezioni sferiche di arenaria, pietre sacre, sassi modellati da fiumi.

Dalle pietre scheggiate del paleolitico – che secondo l’archeologia cognitiva di Lambros Malafouris, nel rapporto stretto mano-pietra della fabbricazione degli strumenti litici hanno strutturato la percezione e il pensiero umano per modificar l’ambiente – ai lapidari, dalle rocce sacre che fin dal neolitico accompagnano la vita quotidiana e alimentano connessioni simboliche e pratiche cerimoniali alla più recente Land art, l’universo litico, con il suo persistere oltre la misura dell’umano ha da sempre significato anche nell’ambito della cultura occidentale (e ben altrimenti in Oriente) una imprescindibile alterità. Passando per miti di creazione, sistemi cosmologici e leggende di pietrificazione, minerali rari per colori e luminescenza, pietre animate, quelle della tradizione classica, del trattato di Teofrasto, della cultura popolare, che ritrovano la strada o che ricrescono se vengon seppellite, l’homphalos di Delfi, la pietra nera della Mecca o quelle della Teogonia di Esiodo, le concrezioni sferiche di arenaria, le pietre sacre dei lacota…

Soggetti non biologici la cui esistenza contempera inconciliabilità nell’essere e mette in discussione la concezione biocentrica della vita e della persona, soggetti che peraltro resistono all’estrattivismo planetario della globalizzazione neoliberale della natura, come confermano tante lotte e politiche indigene contro le privatizzazioni dei beni comuni dagli anni 80 di acqua foreste terreni agricoli e sottosuolo in cambio del credito o della riduzione del debito.

Alternativo al paradigma della competizione tra individui biologici autonomi, è l’approccio multispecie e collaborativo della simbiosi universale dove agli organismi biologici si riconosce un’identità composita che supera confini tra specie e individualità. E non è un caso che diversi innovativi studi recenti su intelligenza, socialità e sensibilità delle piante insistano sul tema della comunicazione tra specie, in un consesso della vita dove si è piuttosto parte di alleanze e scambi orizzontali.

D’altro canto, questa indistinzione, assieme all’allargamento agli esseri non umani di una soggettività politica, e quindi di una personificazione giuridica della natura “senza distinzioni tra esseri organici e inorganici specie origine” come recita la Dichiarazione universale dei diritti della Madre terra (2010) che apre la strada al riconoscimento di diverse formazioni naturali come entità viventi dotate dello status giuridico di persona (il Gange riconosciuto dall’Alta corte giuridica indiana, il dibattito sul ghiacciaio francese della Mer de glace, il conferimento di personalità giuridica ad un ecosistema come la laguna costiera del Mar Menor in Spagna nel 2022) si scontrano con la nozione occidentale di persona che a partire da un rigido fondamento biocentrico fatica ad attribuire una soggettività politica autonoma a entità quali piante o pietre.

Con la loro dimensione ibrida e irriducibili alle forme di individualità caratteristiche degli organismi biologici, gli esseri-terra, mettendo in relazione mondi tra loro diversi, obbligano a ripensare la frattura tra natura e società operata da un pensiero coloniale ed evidenziano la dimensione relazionale del mutuo determinarsi – tra esseri naturali, umani, formazioni geologiche, entità inanimate – attraverso pratiche fondate su attenzione e reciprocità.

Così, essere soggetti ecologici, sociali e politici ed essere persone “sono esperienze che non coincidono”.

Federico Luisetti, Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale, Wetlands, pp. 112, € 16, 00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 49, Supplemento de Il Manifesto del 24 dicembre 2023