Nel corpo degli alberi. Cronologia anulare del mondo

Sul filo della lunga durata, ma con un livello di precisione che tien conto del trascorrere di ogni singola stagione, la storia degli eventi naturali e quella del nostro umano interagire con l’ambiente si inscrivono nel corpo degli alberi. Dove si radicano, registrate nello scarto dei loro anelli di accrescimento e nel ritmo dell’aumento annuale della loro circonferenza. Là dove una scienza tutto sommato recente, la dendrocronologia – nata poco meno di cento anni fa negli Stati Uniti, nel deserto dell’Arizona, con Andrew Ellicott Douglass –, li rintraccia per compararli a costruire, appunto, cronologie che variamente aiutano a evidenziare le correlazioni tra eventi specifici (terremoti, eruzioni, incendi boschivi, incidenti radioattivi) e più ampie dinamiche dei sistemi climatici.

Ma, come ci racconta la dendroclimatologa Valerie Trouet nel suo Gli anelli della vita. La storia del mondo scritta dagli alberi, traduzione di Bianca Bertola, Bollati Boringhieri, pp. 288, € 24,00, oltreché ricostruire tali cambiamenti nello studio di alberi vivi, tramite campionamenti e carotaggi a basso impatto, cosicché dalle ceppaie della Sierra Nevada si possa ricostruirne la storia degli incendi o tramite l’analisi dei campioni della foresta secca stagionale della Tanzania studiare il clima dell’Africa Orientale, la dendrocronologia, ha potuto operare anche sulla base di campioni di legno “morto”, provenienti da numerosi siti archeologici. O addirittura dal legno subfossile delle querce irlandesi e tedesche conservatosi pietrificato, come una sorta di calco tridimensionale, nei depositi fluviali e nelle torbiere.

Consentendo così di datare manufatti, insediamenti, edifici storici, come castelli e cattedrali, nonché le fondamenta dei palazzi veneziani. Ma anche di collocare nel tempo e stabilire provenienze di supporti di opere d’arte come i pannelli di quercia sui quali tra XV e XVII secolo dipingono, tra gli altri, Van Eyck, i Bruegel, Rembrandt, Rubens, di stabilire l’età di preziosi violini e perfino di istituire correlazioni tra presenza di relitti di navi naufragate e frequenza degli uragani nei Caraibi.

Nell’alternanza fra lo scatto vitale della crescita primaverile del legno primaticcio e quello tardivo che anticipa il periodo di inattività invernale, il limite netto tra un anello e l’altro e il variare della loro ampiezza segnala il corrispondere di diverse condizioni esterne – fatti salvi elementi di disturbo (l’ombra di un albero più alto, estati fredde o siccità, incendi) o i casi anomali di anelli falsi o mancanti.

Un sistema di datazione di una precisione unica, utile per calibrare altri metodi di datazione come quella al radiocarbonio. Un sistema a scala fluttuante, da confrontare con le sequenze anulari degli alberi vissuti nella stessa area geografica nello stesso periodo di tempo, fino ad avvicinarsi, tramite una crescente rete che vede collaborare oltre cento laboratori dedicati a livello mondiale https://www.ncei.noaa.gov/products/paleoclimatology/tree-ring, a cronologie assolute in grado di coprire oltre 12.000 anni.

Per capire meglio com’era il clima “naturale” della terra prima delle gravi interferenze degli umani.

E dopo, in questa nostra era detta dell’antropocene, il cui avvio alcuni datano ai test nucleari degli anni 60, dei quali con evidenza si trova traccia nell’albero più isolato e remoto della terra, nell’isola di Campbell nell’Oceano Pacifico meridionale.

Valerie Trouet, Gli anelli della vita. La storia del mondo scritta dagli alberi, traduzione di Bianca Bertola, Bollati Boringhieri, pp. 288, € 24,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XII, 17, Supplemento de Il Manifesto del 24 aprile 2022

Giuseppe Penone