Il riformismo orticolo di Margery Fish

La vicenda giardiniera di Margery Fish si concentra a cavallo della metà del Novecento quando le ricadute di quel che avviene attorno, nei giardini come nel mondo, condizionano orizzonti mentali e stili di vita. Da principiante a cinquant’anni a gran dama del giardinaggio inglese, la sua iniziazione coincide con la messa in cantiere del suo giardino capo-d’opera. fare un giardino fish_Vìride_Andrea_di_salvo A East Lambrook, nel Somerset a partire dal 1938, dapprima col marito Walter poi da sola dopo la morte di questi. Di scelte, errori, correzioni in corsa nella pianificazione e realizzazione di questo progetto, Margery Fish scriverà nel suo primo libro We made a Garden del 1956. In un andirivieni dove le convinzioni ultime e i risultati suggeriti al lettore nei diversi capitoli (Creare vialetti, Fare giardinaggio armati di un coltello, Il compostaggio, … e ovviamente Le bordure miste) risultano da una tensione dialettica – e narrativamente dagli esiti di una doppia scansione temporale – tra inesperienza e curiosità creativa del suo apprendistato critico (e criticato) nei confronti delle convinzioni giardiniere del marito-maestro, e progressiva emancipazione dopo la sua scomparsa. Emancipazione da un conservatorismo che – nella crisi del diradarsi improvviso di modelli pur sempre ingombranti e incombenti – si arrocca sulla frontiera di retroguardia di un ordinato senso pratico restio ad ogni avventura, emozione. Emancipazione destinata a strutturarsi in un’idea di giardino che attualizza nella pratica un’impostazione tradizionale, innervandola di episodi di sperimentazione, specialmente orticola. Il racconto di questo percorso che si precisa in convinzione estetica senza troppe pretese di uno stile Cottage rivisitato, è ora tradotto in italiano con il titolo Fare un giardino. Da principiante a esperta giardiniera, Pendragon, 2010, pp.149, € 15.00 nella collana Pendragon Garden dov’è condivisa la costante della narrazione in prima persona della propria vicenda giardiniera (da quella in evoluzione, dei Giardini venuti dal vento, del Casoncello nei volumi della Buccioli, a quella consegnata ormai alla memoria da Frederic Eden di Un giardino a Venezia, paradiso perduto di incontri umani e botanici sulla Giudecca di fine Ottocento, a quella di Lidia Zitara, Giardiniere per diletto. Contributo a una cultura irregolare del giardinaggio, 2009 dove lo sguardo svaria volentieri tra i molti giardini possibili, a rigenerarsi – e rigenerarci – nell’intelligenza di paesaggi civili e naturali, campestri, sociali, provinciali e periurbani fin dove trarre ispirazione e rintracciare elementi per una cultura del giardino alla ricerca di “una propria autonomia estetica”). Quanto al volume di Margery Fish, nel racconto del suo apprendistato nel Somerset ritroviamo la predilezione per i giardini terrazzati e lastricati e per le bordure strutturate con arbusti; ritroviamo una cultura e curiosità orticola intesa a restituire al buon senso compositivo (idealmente e affettivamente quello del marito) l’onnipresenza di piante fiorite tutto l’anno: le Precoci e tardive (s’intenda, per le fioriture) cui dedica un capitolo segnalando preferenze negli effetti coloristici; ritroviamo la sua tendenza indagatrice e consapevole i cui echi restano nel giardino a East Lambrook, oggi visitabile dopo un restauro che si dichiara “filologico … e interpretativo” (cfr. www.eastlambrook.co.uk).

Margery Fish, Fare un giardino. Da principiante a esperta giardiniera, Pendragon, 2010, pp.149, € 15, recensito da Andrea Di Salvo su Alias 2 – Supplemento de Il Manifesto 15 gennaio 2011