Il giardino, controcanto al caos

La vicenda dell’acquisto di una casa nella campagna inglese del Suffolk con un giardino pressoché abbandonato e che tuttavia rivela ancora le tracce del disegno del paesaggista e scrittore che lo ha pensato e abitato, Mark Rumary, l’aspirazione a rimetterlo in forma e reinterpretarlo, posson diventare occasione per inanellare una serie di riflessioni più ampie sui cicli della vita e il ruolo dei giardini.

Così Olivia Laing, giornalista e critica letteraria, in gioventù erborista e attivista ambientale, nel suo Il giardino contro il tempo. Alla ricerca di un paradiso comune, in una catena di associazioni che in periodo di Brexit e con il continuo affacciarsi degli echi della grande storia sul trascorrere delle mille attività che scandiscono i giorni del diario del giardino, tra liste di semi e bulbi da acquistare, interpola la cronaca delle epifanie del quotidiano in giardino (il Saggiatore, pp. 363, € 26). Dalla dimensione edenica, rivisitata dalla lettura dall’esilio del Paradiso perduto di Milton, alla condizione di esclusione – quantomeno per alcune tipologie di piante o persone – che il giardino disegna, fino a quella di privilegio che si incarica di dichiarare rimodellando paesaggi del potere (come quelli realizzati per le grandi tenute da Capability Brown, modificando il corso di fiumi, spostando colline – e villaggi), quando non alla funzione di innalzare status, o ripulire, per via di parchi e giardini realizzati magari con i proventi di attività illecite, reputazioni di gentiluomini (come nella vicina Shrubland Hall, tra le dimore più grandiose della contea, un palazzo neoclassico per il quale è un giovane Humphry Repton a impostare il giardino per la committenza dei Middleton, dinastia di mercanti di schiavi e proprietari di piantagioni tra Barbados e Carolina).

Anche nella rilettura del diario dal giardino di Prospect Cottage di un Derek Jarman che da poco ha scoperto di essere sieropositivo – una Modern Nature essenziale dove ricombina ginestre spinose e cavoli marini, legni e selci rivoltate dall’oceano –, vale per l’autrice l’indiscusso valore di pharmakon di una pratica del giardino che ci immerge in una sorta di temporalità assoluta, eppure militante, “controcanto al caos personale e politico”. Un giardino, tramite anche per pensare società ideali.

Un po’ come a Benton End, sempre nel Suffolk, dove dall’estate del 1939, il pittore e giardiniere, conoscitore di iris, Cedric Morris con il suo compagno, l’artista Arthur Lett-Haines, danno vita a una piccola scuola d’arte decisamente anomala, la East Anglian School of Painting and Drawing. Riserva incantata dove passano molti giardinieri e artisti, da Lucian Freud a Constance Spry, John Nash, Vita Sackville-West, Francis Bacon. Ma anche giardino di rarità, specialmente di bulbose ed essenze erbacee, che nei colori allucinati dei dipinti dello stesso Morris rispecchiano le specifiche fisionomie dei protagonisti vegetali – dal giallo acuto della Fritillaria imperialis di contro al verde acido dell’Euphorbia characias.

Cedric Morris, Benton blue tit, 1965

Se con Thomas More, a Utopia si fa a gara per realizzare il giardino migliore nonostante la transitorietà dell’uso dei terreni, a scapito della proprietà, nel futuribile Notizie da nessun luogo di William Morris – tra i fondatori del movimento Arts and Crafts, disegnatore di tessuti e gran giardiniere –, il protagonista, militante socialista addormentatosi nella Londra di fine ‘800, si risveglia in un XXI secolo dove in una società riformata l’intera città assume i tratti di un giardino.

Nei giardini, quelli veri di casa Morris, di Red House e poi di Kelmscott House, a Hammersmith, sarà intanto l’atmosfera brulicante di vita del paesaggio naturale a diventare domestica. Contro l’uniformità e nel rifiuto dell’artificio dei precedenti paesaggistici e delle relative gerarchie sottese, qui si ricerca l’individualità: come i fiori in un prato. E già per il poeta contadino del Northamptonshire, John Clare, autore di successo nel 1820 con i Poems Descriptive of Rural Life and Scenery il timore è appunto di perdere la conoscenza della partecipazione reciproca e trasformativa che è di una vera relazione con i luoghi e le piante che li abitano. Appartenenze e connessioni che Clare cerca di preservare ricreando costantemente un paesaggio compromesso o distrutto: nelle sue poesie fotorealistiche, come in quella sorta di arca di salvezza che è il suo giardino

E così, nell’andirivieni di divagazioni, la Laing confessa ancora come, a fronte dell’infittirsi nel suo diario di annotazioni sull’incalzare di una sempre più inclemente siccità in giardino, è soltanto con le prime piogge di fine agosto che le torna in mente come già decenni prima, proprio lo stesso Mark, suo nume tutelare, avesse nel suo libro The Dry Garden anticipato centralità e urgenza di un sapere ormai così indifferibile.

Olivia Laing, Il giardino contro il tempo. Alla ricerca di un paradiso comune, il Saggiatore, pp. 363, € 26, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIV, 20, Supplemento de Il Manifesto del 1° giugno 2025