Opere d’arte per dire di piante


Periegeta di un suo personale itinerario tra arte e scienza e botanico dal divagare eccentrico, Renato Bruni ci conduce per via di meraviglie destinate a stupirci, e comunque a ispirarci, discettando di piante a partire dal mondo dell’arte. Nel suo Mirabilia. La botanica nascosta nell’arte, Codice edizioni, pp. 266, € 28.00, l’intento non è però certo dar conto della fitta messe di presenze vegetali che con diverso grado di protagonismo si succedono nelle produzioni artistiche d’ogni tempo, magari per recensirne filologicamente ruolo e funzioni volta a volta assolte o simbologie assunte, quanto piuttosto illustrare il punto di vista della scienza sulle piante intercalandolo in un gioco di sensi e suggestioni intellettuali proprio a partire dalle occasioni e ispirazioni botaniche che occhieggiano da affreschi, quadri, foto, installazioni.

Così l’acquarello de La grande zolla dove Albrecht Dürer eleva in grande formato a soggetto protagonista il primo piano di un piccolo universo corale di semplici erbe è occasione per introdurre il tema dell’ecologia delle comunità vegetali di un prato, quella complessità di mutue relazioni tra organismi (non solo vegetali) e dinamiche che strutturano quell’apparente disordine in un benefico, variabile equilibrio di pluralità, per il tramite di facilitazioni reciproche e complementarietà di accesso alle risorse nelle fasi critiche, ma anche di competizione nei momenti di benessere.

Mentre il tema del roveto ardente evocato nel trittico di Nicolas Froment è pretesto per occuparsi del rapporto tra fiamme, fumo e piante e delle strategie di quelle che negli habitat dove gli incendi scandiscono le successioni vegetali si fanno pirofile indossando cortecce termoisolanti, come pure ricorrendo a semi ignifughi o frutti pirescenti, lo Scolabottiglie di Marcel Duchamp, con l’idea di rettifica e riuso a seconda dei contesti, introduce alle strategie di piccole ma continue alterazioni dell’esistente messe in atto, in combinazione tra caso e necessità, dalle cellule fogliari che variamente si trasformano in punte, lame, uncini, rasoi per difendersi dagli aggressori, volta a volta producendo sostanze, resine, terpeni odorosi, o ancora disponendosi in modo da ridistribuire i raggi di luce, riducendo o riflettendo la radiazione.

Il giardino delle esperidi di Leighton serve invece per parlare dell’ambigua relazione tra piante e metalli mentre la Street art dello scambio di sostanze per il tramite delle radici all’interno di un ecosistema o, ancora, una vetrata gotica della cattedrale di Chartes dell’uso dei muschi per monitorare gli inquinanti dell’aria.

Con un andamento che procede per associazioni e paradossi e un linguaggio che intesse metafore e specialismi, Bruni inanella opere pretesto, come occasioni per dire di come le piante stanno nel loro ambiente, delle relazioni che con loro intratteniamo, delle proiezioni di un futuro condiviso. Allertandoci sul rischio di portare troppo oltre il gioco dell’analogia, proiettando nostri codici e valutazioni su fenomeni intesi piuttosto alla ricerca di opzioni e varietà che non di repentine scelte risolutive.

Renato Bruni, Mirabilia. La botanica nascosta nell’arte, Codice edizioni, pp. 266, € 28.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica IX, 34, Supplemento de Il Manifesto del 29 settembre 2019